L’audio pubblicato oggi da Infovaticana rivela una manovra tanto goffa quanto pericolosa. Nella registrazione, l’ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, Jordi Bertomeu, ammette che il Vaticano era a conoscenza di un’indagine dell’FBI su presunto riciclaggio di denaro legata al Sodalicio de Vida Cristiana. Ma invece di offrire piena cooperazione giudiziaria, propose una “soluzione” basata su pagamenti e donazioni alle vittime e alle diocesi, che permetterebbero al Vaticano di presentare il caso alle autorità statunitensi come «risolto internamente».
Ciò che descrive Bertomeu non è solo un errore dialettico o una goffaggine imprudente. È un’azione che, se eseguita, costituirebbe un reato federale di ostruzione alla giustizia: condizionare la consegna di informazioni o la collaborazione con l’FBI alla realizzazione di trasferimenti economici o contributi caritativi a terzi.
Il Vaticano sapeva che l’FBI stava indagando sul riciclaggio di denaro
Bertomeu riconosce nell’audio che la Santa Sede era già stata contattata dalle autorità degli Stati Uniti e che esistevano documenti con indizi chiari di operazioni finanziarie irregolari.
“Il Vaticano ha già informato le autorità nordamericane… che nell’indagine che è stata fatta sono emersi documenti in cui c’erano indizi di un riciclaggio di attivi.”
Spiega persino che è stato convocato dall’Ambasciata statunitense a Lima, in presenza di un delegato dell’FBI.
“C’era il delegato dell’FBI qui a Lima, che voleva anche sapere.”
In altre parole: il Vaticano era formalmente coinvolto nell’indagine. Sapeva che c’era un possibile reato e aveva avviato contatti con le autorità federali. Qualsiasi tentativo di condizionare quella relazione o di influenzare il corso dell’indagine è, dal punto di vista giuridico, una questione estremamente seria.
Una “soluzione” che implica denaro in cambio di benevolenza
Invece di collaborare in modo trasparente, Bertomeu propone nella registrazione una via alternativa: pagare. Spiega che, secondo la Segreteria di Stato, il conflitto potrebbe “risolversi” mediante contributi economici e un documento diplomatico che desse per chiuso l’affare.
“Questa soluzione passerebbe… perché si revertano al senza scopo di lucro questi che hanno lucrato. Allora una lettera di accompagnamento, benevola, dove il Vaticano mette, cioè, si fa garante di una soluzione che è stata data.”
E aggiunge:
“La prima cosa è contentare queste vittime… ma non le puoi contentare con quattro soldi. Inoltre passerebbe per restituire opera sociale alle diocesi dove ci sono state missioni che in teoria hanno lucrato.”
La proposta è nitida: effettuare pagamenti, restituire beni o finanziare progetti sociali, e con ciò presentare all’FBI una versione attenuata dei fatti, supportata da una lettera “benevola” del Vaticano.
Detto in modo diretto: se si paga, il rapporto si presenta come risolto. Se no, il Vaticano potrebbe inviarlo così com’è.
Perché questo è gravissimo: il limite legale che Bertomeu ignora
Il diritto statunitense è categorico: nessuno può condizionare la cooperazione con un’indagine federale all’ottenimento di benefici o alla realizzazione di pagamenti a terzi.
Farlo —anche con intenzione “pastorale”— può essere considerato ostruzione alla giustizia, un reato federale punito con il carcere.
Nella pratica, ciò che Bertomeu propone equivale a dire: “Se gli implicati pagano o riparano economicamente, il Vaticano si impegna a inviare all’FBI un rapporto attenuato o favorevole.”
Questo è inaccettabile da qualsiasi punto di vista: un potere religioso non può usare la sua posizione per alterare il corso di un’indagine penale mediante denaro o influenze diplomatiche.
Il riciclaggio di denaro è un reato autonomo e oggettivo. Non si cancella con donazioni, né si “cura” con opere sociali.
E tanto meno si negozia con un’agenzia federale.
Il tentativo di giustificare l’ingiustificabile
Bertomeu, consapevole delle implicazioni delle sue parole, cerca di giustificare la sua proposta dicendo:
“Non è un ricatto… è voglia di risolvere un problema.”
Ma la presunta “risoluzione” che descrive ha tutti gli elementi di un condizionamento economico su un’indagine penale. Nell’audio, il funzionario insiste inoltre che l’obiettivo è proteggere i vescovi implicati:
“Qui l’ultima cosa che vogliamo è dover fare anche processi canonici contro i vescovi… Revertite per favore questo.”
Cioè, il denaro non servirebbe solo per “soddisfare” le vittime o le diocesi, ma anche per evitare che il caso colpisca la gerarchia ecclesiastica.
Un’operazione di controllo politico e finanziario, non di giustizia.
Una goffaggine diplomatica che compromette il Vaticano
Dal punto di vista giuridico e diplomatico, ciò che Bertomeu propone è una goffaggine di proporzioni enormi. Non solo perché confonde diritto penale con azione pastorale, ma perché espone la Santa Sede al rischio di un’imputazione internazionale.
La cooperazione con l’FBI in casi di crimine finanziario non è opzionale: è regolata da accordi internazionali e la sua manipolazione può derivare in sanzioni gravi. Cercare di “accompagnare” la consegna di informazioni con una lettera politica, in cambio di denaro, sarebbe interpretato come un tentativo di influenzare indebitamente un procedimento federale.
Oltre alla sua temerarietà, il approccio rivela una mentalità profondamente sbagliata: quella di chi crede che i problemi legali si risolvano con denaro e diplomazia, invece che con trasparenza e verità.
L’audio chiarisce le cose
Il Vaticano sapeva che l’FBI stava indagando su un presunto riciclaggio di denaro e, invece di collaborare pienamente, uno dei suoi funzionari propose una strategia che mescolava pagamenti a terzi per alterare il tono di quella cooperazione.
In termini giuridici, questo si chiama ostruzione. In termini morali, insabbiamento. E in entrambi i casi, è inammissibile.
Condizionare la consegna di informazioni all’FBI a trasferimenti di denaro, anche se donazioni o compensazioni, è un atto che sfiora il reato federale.
Né la carità né le riparazioni sostituiscono la giustizia.
Il Vaticano non può “accompagnare” un’indagine penale con lettere diplomatiche né “risolvere” un riciclaggio di denaro con elemosine. Se c’è riciclaggio di attivi, non si cura con donazioni, si affronta con trasparenza e collaborazione.
L’audio pubblicato oggi da Infovaticana dimostra, con le stesse parole di un ufficiale della Dottrina della Fede, fino a che punto l’idraulica bergogliana della Santa Sede aveva dimenticato quella distinzione elementare.
L’ironia, purtroppo, si scrive da sola. Perché tutto questo si conosce proprio alla vigilia dell’arrivo di Jordi Bertomeu a Madrid per pontificare domani su “buone pratiche” e “gestione degli abusi sessuali” in una giornata organizzata come se niente di tutto questo esistesse. Che chi in privato propone formule che sfiorano l’ostruzione alla giustizia venga ora a dare lezioni pubbliche di trasparenza e responsabilità istituzionale non solo risulta scioccante: rivela l’abisso tra il discorso ufficiale e la realtà mostrata dalle sue stesse parole. E rende la sua visita un promemoria scomodo di fino a che punto la Santa Sede ha normalizzato una cultura di controllo dei danni travestita da zelo pastorale.
